I volontari di Pane Quotidiano, la nostra forza. Ecco il racconto di Irene: “Io credo nella solidarietà”

Pane Quotidiano aiuta ogni giorno migliaia di persone, distribuendo loro cibo. La sua forza è costituita ovviamente dai donatori, aziende e privati, che permettono tutto questo, ma anche e soprattutto dai nostri volontari, instancabili nell’aiutare chi ha più bisogno. Abbiamo raccolto la testimonianza di Irene, pensionata, che da due anni affianca alla sua vita familiare l’impegno da volontaria.

Da quanto collabori con Pane Quotidiano? Come ti sei avvicinata al mondo del volontariato e in quale momento della tua vita?

Al Pane vado da circa due anni. Mi sono avvicinata al volontariato perché mio marito è da 5 anni che faceva volontariato alla mattina. Quando è nato il gruppo del volontariato pomeridiano e questo collimava con i miei impegni, mi sono lanciata. Vengo da 15 anni di volontariato nel reparto di chirurgia vertebrale presso l’ospedale al Gaetano Pini. Con il COVID abbiamo dovuto interrompere ma poco dopo ha cominciato a mancarmi… il volontariato. Forse non potrò con il mio sforzo cambiare le cose importanti del mondo, ma ciascuno può fare la sua piccola parte. Non risolverò il problema della fame nel mondo, però credo che sia giusto, se si sente di poter fare qualcosa per gli altri, farlo. Io credo nella solidarietà.

Come si concilia il volontariato con gli impegni personali e familiari?

Faccio volontariato 2 giorni alla settimana (mezza giornata), sono in pensione. Fermo restando che le dinamiche familiari vengo al primo posto, dedicare del tempo al volontariato è fattibile. Non ho genitori anziani da accudire, mio figlio è adulto e quindi il momento è certamente congeniale per dedicare del tempo al volontariato.

Come si struttura un tuo pomeriggio tipo da Pane Quotidiano? Qual è il clima che si respira?

Il lunedì pomeriggio assembliamo i pacchi per i disabili che vengono poi consegnati nei giorni successivi dagli autisti volontari della mattina, mentre il mercoledì ci occupiamo prevalentemente di preparare la distribuzione del cibo per il giorno dopo. Il clima è di collaborazione finalizzata al raggiungimento degli obiettivi di Pane Quotidiano. Spesso siamo immersi tra giovani volontari aziendali che mettono brio al turno e mentre si lavora di solito si chiacchiera del più e del meno. E poi l’immancabile pausa caffè!

Una volta terminato il tuo turno e lasciato Pane Quotidiano, quali sono le sensazioni ed emozioni che porti con te a casa?

Sono soddisfatta perché so che l’indomani 1.800/2.000 persone che non hanno da mangiare saranno aiutate da Pane Quotidiano e io, che ho il frigo pieno e non ho questa preoccupazione, mi sento “meno in colpa”. Sono consapevole che nessuno abbia alcuna colpa nell’avere cibo nel proprio frigorifero, ma sapere che anche chi è in difficoltà potrà mangiare mi rende un po’ sollevata.
Mio padre ha fatto 2 anni di prigionia durante la Seconda Guerra Mondiale e ci ha sempre detto che non abbiamo idea cosa significhi avere fame. Per fortuna nessuno di noi, suoi figli, ha idea di cosa sia la fame. L’idea che Pane Quotidiano permetta a tanta gente di superare anche solo temporaneamente questo problema ha una grande importanza per me.



“Sorella, fratello, nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni.”