Povertà, fragilità e solitudini. E tanto silenzio. È questa l’atmosfera che si respira nell’accampamento autogestito da un gruppo sempre più nutrito di senza dimora in piazza Carbonari a Milano. «Sono sceso alla fermata del tram 5 sul cavalcavia di viale Lunigiana per andare verso viale Sondrio e prendere l’autobus 90 o 91, il primo che sarebbe arrivato, per trascorrere al caldo la notte. Una settimana fa mi sono accorto delle tende sul prato, ho chiesto a qualcuno come funzionava e da allora dormo qui» racconta Hamza, arrivato a Milano dal Marocco 8 anni fa e che ha perso il lavoro perché l’officina per auto in cui lavorava ha chiuso i battenti sei mesi fa. Questo è il suo primo inverno per strada, come per molti degli “abitanti” di questo campo che cresce silenziosamente in una Milano contraddittoria, che sogna l’Europa e mentre sale in verticale a vista d’occhio con i suoi grattacieli, rischia di lasciare gli ultimi all’angolo. E con la crisi economica, la pandemia e il caro energia, il disagio che si annidava in periferia e nelle case popolari, è sempre più sotto evidente ai milanesi.
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